Biografia
Paola Novaria è nata a Cuorgnè (To) nel 1972. Antichista per formazione, è responsabile dell’Archivio storico dell’Università di Torino, un ruolo che le dà occasione di collaborare a iniziative culturali promosse dall’Ateneo e di pubblicare studi e ricerche che ne valorizzino il patrimonio documentario. Vive a Torino, ma mantiene un forte legame con la dimora materna in Canavese.
Ha raccolto i propri versi a partire dal 1993, dando alle stampe sette raccolte tra il 2003 e il 2020: Dialoghi muti e Come una resa (Campanotto Editore, 2003 e 2010); Per carmina quaero, Documento di identità e Habeas corpus (Genesi Editrice, 2012, 2015 e 2018), Risk Joy e Tra pietra e acqua (Achille e la tartaruga, 2018 e 2020). Alcune sue poesie sono presenti in raccolte antologiche.
Ha portato la sua poesia in diversi contesti e città italiane, ottenendo riconoscimenti, oltre che nella propria regione, nei premi “Don Luigi Liegro” di Roma (2016) e “Lorenzo Montano” di Verona (2015, 2018, 2020). Nel novembre 2019, in una Venezia ferita dall’acqua alta, ha tenuto un seminario di poesia su invito dell’associazione “La Settima Stanza”.
Letture
Poesie
Matronimico
Nel linguaggio dei doni ti somiglio
e nel gusto del bello, che con gli abiti
più fini, non curante
del godimento breve,
ci instillasti piccine.
Bambina a te anelante,
amata di lontano, faccio, adulta,
altrettanto.
L’orgoglio del lavoro,
di chi tutto, valente,
da sé si guadagnò, la malasorte
nonostante, ti riconosco, invitta,
e ne sarò baluardo.
È dimora materna
la nostra, di donne la voce e forza;
di cui fiera, a mia volta, in innesto
nuovo, serbo l’impronta.
[dalla raccolta Habeas corpus, Torino, Genesi Editrice, 2018]
Divento te, quella d’un tempo. Tengo
vivi i tuoi gesti di cura attraverso
la fatica, compiendoli.
Così ti riconosci,
sorridi, ti commuovi.
Stendere ad arte è casa,
il rispetto dell’ordine
nel frigorifero. Dei detersivi
in serie tipologiche
a puntello etichetto i confini
del tronco cui vacilla la radice.
Ebbe del sacro aver diviso il pane,
anche se era un cicheto,
di baccalà o di dentice. Mi parve
sensuale, un sorso per bocca, un espresso
smezzare: dicesti fosse eccessiva,
per te, dell’intero la caffeina.
All’uscita, nessuno sulla riva
dotato di etilometro
ci misurò l’ebbrezza,
né di magnetometro la potenza
del cerchio, del legame.
[dalla raccolta Tra pietra e acqua, Torino, Achille e la Tartaruga Edizioni, 2020]
Non l’ossessione da sé risorgente,
roseto senza spine,
nel corpo, nella mente,
in gola mi si serra
ad ogni mal di testa:
la volta in cui, due espressi davanti,
m’offristi un’aspirina e più del farmaco
fu rimedio la mano.
Contactless
Pam Local, Torino, via del Carmine.
Al telefono con l’auricolare,
un cliente non smette di parlare.
Quando deve pagare, allunga il mento
verso il pos, accosta la carta, come
se il cassiere, assuefatto,
fosse un terminale. Quando esco,
lo saluto con voce più tonante,
solo per dargli un segno
che non penso lo stesso.
Signori governanti,
mi sorgono domande
banali sulle lauree,
l’improvvida chiusura di ospedali.
Ma se il tema è piuttosto essere umani,
l’impossibilità dell’equilibrio,
lo scempio quotidiano
di vite fatte cibo,
se come specie abbiamo fallito,
signora Provvidenza,
su Marte dai batteri
s’avvii un nuovo ciclo.
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