BIOGRAFIA

Lucianna Argentino è nata a Roma nel 1962. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: “Gli argini del tempo” (ed. Totem, 1991) con la prefazione di Gianfranco Cotronei; “Biografia a margine” (Fermenti Editrice, 1994) con la prefazione di Dario Bellezza; “Mutamento” (Fermenti Editrice,1999) con la prefazione di Mariella Bettarini e postfazione di Plinio Perilli; “Verso Penuel” (edizioni dell’Oleandro 2003) con la prefazione di Dante Maffia; “Diario inverso” (Manni editori, 2006), con la prefazione di Marco Guzzi; “L’ospite indocile” (Passigli, 2012) con una nota di Anna Maria Farabbi; il poemetto “Abele” (Ed. Progetto Cultura, Le gemme 2015) con la prefazione di Alessandro Zaccuri; “Le stanze inquiete” (Edizioni La Vita Felice, 2016); “Il volo dell’allodola” (Edizioni Segno, 2019) con la prefazione di Gianni Maritati; “In canto a te” (Samuele Editore, 2019) con la prefazione di Gabriella Musetti. Il 29 settembre del 2019 le è stato assegnato il Premio Caro Poeta 2018 durante la quinta edizione di “La parola che non muore” Festival a cura di Massimo Arcangeli e Raffaello Palumbo Mosca.
LETTURE
POESIE
Il caparbio perdurare della specie,
innescata la sequenza di consenso,
per commozione tradì le regole del caso
e promosse la grazia primordiale delle corde vocali
–fu quella e il suono di fiamma che ne venne
a condurci dallo spavento al canto.

C’è in noi il palpito di un destino
creduto incline alla felicità,
sorpreso, oggi, dall’inatteso ruminare delle ore
ci tenta alla rinuncia per un più semplice
distogliere lo sguardo dalla sovrabbondanza del dubbio.
Eppure è visibile a pelle la simmetria del mondo
e l’armonia che incarna quando la bellezza
oltrepassa le articolazioni del silenzio
e, raggiunto il punto all’infinito,
torna richiusa su sé stessa in un granello di polvere.

Trema chi dell’abisso fa suo seme
e teme sia tenebra il raccolto,
ma poi la luce viene
a raggi o a perturbazioni
ed è una forma di limpida materia
l’amore che ne scaturisce
e sgrana le ore nell’opera del tempo
ma non è questo ad invecchiarci
è quanto tratteniamo
–tutto ciò che non lasciamo andare.

Le ore – agili sorelle – scardinate dagli istanti
smarrite nel clamore degli eventi
oscillano agitate dal vento dell’imprevedibile.
Confuse non sanno a quale limite aggrapparsi
e stanno come pane avanzato
che in sé mantiene il lievito e la spezzatura.

Spunto la lista della spesa
ripasso a mente il necessario che mi manca
–il pane il latte le uova –
e qualcos’altro che sfugge alla penna,
ma poi dal taccuino alzo lo sguardo verso la finestra
e mi cattura il superfluo che è un necessario rovesciato.
Così da quel rovescio prendo la grazia efficace
a questo istante non predestinato
e la ripongo in quanto dell’umano è attenzione
ed è allora che ciò che sfugge, ammansito, torna.
