BIOGRAFIA

Claudia Zironi, bolognese, scrive poesia e opera dal 2012 nel mondo della diffusione culturale con l’associazione Versante Ripido (www.versanteripido.it) della quale è uno dei fondatori e Presidente. Fa parte della redazione de Le Voci della Luna. Collabora saltuariamente con altre riviste e lit-blog. Ha fatto e fa parte di giurie di premi di poesia a rilevanza nazionale. Pubblicazioni: la prima è del 2012 con Marco Saya Ed.: Il tempo dell’esistenza e la seconda del 2014 con Terra d’ulivi Ed.: Eros e polis, uscita nel 2016 anche in USA con Xenos Books / Chelsea Ed. in traduzione di Emanuel Di Pasquale. La terza, uscita nel 2016 con Marco Saya Ed., è titolata Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni. Nel 2018 ha corealizzato e coprodotto in KDP con la poetessa Silvia Secco e con la pittrice Martina Dalla Stella (collana Edizionifolli) il libro d’arte e poesia Ursprüngliches Leben – poesia e pittura in dialogo. Sempre del 2018 è la pubblicazione indipendente su KDP Variazioni sul tema del tempo (per la collana di poesia Versante ripido). Del 2019 la pubblicazione artigianale in tiratura limitata di 40 esemplari con le Edizionifolli di Silvia Secco di Quando si spegne il cielo. Nel 2019 è uscita anche, per i tipi di Marco Saya Ed., l’antologia a cura di Sonia Caporossi Claudia Zironi – Diradare l’ombra – antologia di critica e testi – 2012-2019. Il suo ultimo libro di poesie Not bad (2019-2020) è uscito nel 2020 con Arcipelago Itaca Edizioni e è risultato vincitore al Premio Città di Grottammare 2021 sez. poesia edita. Altre notizie si possono trovare nel sito https://claudiazironi.wordpress.com/
LETTURE

POESIE
I testi che seguono sono tratti dal mio ultimo libro, ancora inedito
Nightmares
(testi in prosa e poesia per la lettura e il teatro)
Il libro si compone di 42 suites e ciascuna suite è formata da una prosa “Nightmare” e da una poesia “Through the looking-glass”.
Qui propongo le suite XXXX e XXXXI.
XXXX
Nightmare
Era solo un bel sogno quando partimmo a plasmare – io e i miei – da una società unita contro un comune nemico, che lottava compatta per ciò che era giusto, dove esisteva uno stato sociale e le persone guardavano al futuro con occhi grandi di passione. Prima abbattemmo il nemico – e ottenemmo il monopolio, poi aprimmo la crisi economica permanente e chiedemmo il saldo del debito primigenio, mettemmo quindi i lavoratori dipendenti contro i lavoratori autonomi – perché i secondi evadevano le tasse, poi mettemmo i dipendenti privati contro quelli pubblici – perché questi lavoravano poco, poi mettemmo i genitori contro gli insegnanti – perché erano iniqui con i ragazzi più grandi e praticavano violenza contro i bambini più piccoli, poi mettemmo i giovani contro i vecchi – privilegiati che avevano il posto fisso e la pensione, responsabili dell’inquinamento del pianeta, poi ci aiutò una pandemia e mettemmo quelli che credevano nella scienza contro quelli che avevano paura. Mettemmo anche le donne contro gli uomini – enfatizzando gli stupri e le uccisioni, gli uomini contro le donne – stigmatizzando la perdita dei ruoli, i tifosi di una squadra di calcio contro quelli di un’altra – incitando alla violenza, i genitori contro i passanti perché potevano essere pedofili, i non fumatori contro i fumatori, i magri contro i grassi, gli elettori contro i politici (tutti ladri), gli eterosessuali contro le ‘lobby’ gay, i cittadini contro gli immigrati, i vegani contro gli onnivori… cullammo l’ego e l’individualismo per mettere, con acribia, tutti contro tutti. Creammo narrazioni, manipolammo il linguaggio, infiltrammo i nostri schiavi fino ai più bassi livelli per convincere anche i miserabili che avrebbero avuto qualcosa da perdere a reagire, alimentammo la precarietà, assegnammo obiettivi di vita irraggiungibili. Poi trovammo un nuovo nemico che facesse paura e facesse dipendere tutti da noi – da me e dai miei

Through the looking-glass
Ma la tristezza salverà il mondo.
E la bellezza
e gli occhi grandi di una gazzella
e il richiamo di un falco
salveranno il mondo.

XXXXI
Nightmare
Bologna, 28/02/2022
Credevo di avere il potere di cambiare le cose, fino a poco tempo fa. Credevo che tutti insieme le potessimo cambiare e lo avessimo già in parte fatto – almeno qui in zona. Le vedevo le bombe, piccole lucette bianche sul nero della notte, nei TG, sugli schermi, in foto sui giornali, in video sui social. Il buio dei rifugi e le sirene interrotti dai panati di Capitan Findus e dalle eterne offerte di PoltroneSofà. Credevo che la guerra fosse così: lontana, fredda, una stretta al cuore di pochi secondi, il viso di un bambino spaventato, in lacrime, con gli occhi esotici e la pelle scura. Anche se la pelle dei bambini si è fatta via via più chiara in questi anni – ma ci abbiamo fatto poco caso – e quelli dietro al filo spinato non portavano divise a righe da carcerati con una stella di David cucita sopra. Erano proprio come i figli della mia vicina del piano di sopra, solo più sporchi e stupiti. I profughi avevano sacchi a pelo a volte e telefoni 3G, 4G, 5G… e quelli sotto le bombe stavano in fila davanti ai Bancomat o sulle strade dentro alle auto, auto come quelle che sono in fila al casello in Agosto – qui da noi – che aspettano per uscire a Rimini Sud. Credevo che il nostro inferno fosse questo ormai: auto in fila ai caselli. Poi hanno iniziato a parlare di invasione, forse un gesto dimostrativo, una conquista parziale, l’escalation, bombe vere, carri armati. Sì, anche la guerra nella ex Jugoslavia era in Europa, era vicina, anche allora, trent’anni fa. Ma pareva comunque lontana e non se ne comprendevano chiaramente le ragioni. E perché non finisse mai. Dieci anni di morti e di non finire. Condanne, rimbrotti, teatrini – nessuno voleva la guerra, nessuno voleva che finisse quella guerra. Ora è diverso, ma non troppo, perché ancora non se ne comprendono bene le ragioni, e chiedono tutti – qui nell’Occidente – la pace, e al contempo emanano sanzioni, proclamano, si schierano, provocano, finanziano, creano le fazioni dei cattivi e dei buoni… ma oggi – e in questo è diverso – hanno usato per la prima volta le parole ‘missili nucleari’. Sì, lo ha proprio detto il Presidente Bielorusso – che io manco mi ricordo come si chiama: «se la NATO schiera missili nucleari in Polonia, io chiedo a Putin di schierare i suoi qui da me.» Come un bambino indispettito. I mis-si-li nu-cle-a-ri. Capite? Avete presente i missili nucleari?
Pronta la risposta di Putin, pronta quella della Francia.
In questo momento sto comprendendo che la guerra mi riguarda, che ho paura, che voglio andare via, ma non posso andare via. Che è arrivato il mio turno di fare da mangime alla bestia che finora mi ha ingrassato. Durante la Seconda Guerra Mondiale – durante ogni guerra – tanta gente non desiderava ciò che le stava accadendo e aveva paura e avrebbe voluto andare via, ma non poteva, non poteva svegliarsi dall’incubo, non le restava altro che sognarlo quel terrificante sogno.
Dove la pelle è più sottile e bianca, nella parte inferiore del braccio, vicino al polso, restano le stigmate di un graffio d’animale spaventato, di quando c’è stato il boato, di quando il soffitto è crollato, la parete ha ceduto, il petto mi si è squarciato

Through the looking-glass
Guardate la mia borsa
è di stoffa
è consumata da anni d’uso quotidiano
è rossa
come il sangue
e c’è scritta una frase sopra:
War is over
con dietro uno spettro
?
Avete capito la domanda? Ve la devo ripetere?
Ve la devo urlare?
Oggi abbiamo pensato ai figli e ai nipoti di Maria
alla bimba che era affidata alla famiglia di Silvia, Tati
a Lidia, che è tornata a casa dopo dieci anni di lavoro
in Italia, perché era riuscita a comprarsi una casa.
Abbiamo pensato ai nostri padri e alle loro case
devastate nel ‘44. Ai morti di Hiroshima.
Abbiamo pensato ai nostri figli.
Non è servito indossare ogni giorno
per anni, la stessa borsa.
Chiedervi ogni giorno la stessa cosa.

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