Simonetta Sambiase

BIOGRAFIA

Simonetta (Met) Sambiase ha studi artistici (Michele Sovente come docente di Letteratura contemporanea) e passione per la scrittura e la lettura. Insegnante,  è stata pubblicista e sindacalista nella città dove vive, Reggio Emilia, e dove ha da anni la cura di  “Exosphere”, a.c. con un fondo poetico organizzato da Gabriella Gianfelici.

Nel suo scrivere, leggere e fare, ha collaborato a diversi progetti culturali ed è presente nel palmarès di vari concorsi nazionali.  Ha pubblicato libri di poesie che sono state lette e recensite su diverse riviste nazionali (Poesia, la Repubblica, et.). Ha preso parte anche a varie antologie su tematiche sociali. In rete, il suo blog è Il Golem Femmina. La raccolta di Borea, inedita, da cui sono scelte le poesie per “La Palabra en el mundo” 2021 è stata tra i finalisti del premio di poesia Gozzano dell’edizione 2020.

Letture

Poesie

Perfetta la  notte si avvera 

salvezza e vergogna insieme, l’accoglie con una forchetta sporca di sugo

non le dà tregua    la lusinga   la guarda da ogni scorcio

nell’ultimo piano va altrove e spegne i rumori, le regala la pace

e lei viaggia veloce e ricomincia la notte.

Scrivere risposte ancora nel sonno                soffiare

polveri d’inchiostro sulle lettere non arrivate.

Un’altra vive se un altro le parla

s’impara tanto dagli alfabeti svogliati,         al di fuori,    l’estate

ha un nome proprio che si allontana

grani di grilli cadono addosso

infuria il lusso delle rose

un unico uccello fa il nido nella palma da giardino

stagione nuova evolve e parla

fuoriesce

non ne senti la fiamma, non ne senti il suono

non avevi previsto il vento caldo

in noi,  resta quasi il niente

un anno in bianco e nero

*

Ciò che cresce ti invecchia, ti commuove

nostra signora della compassione.

Il rumore ti vive accanto

le voci si somigliano        le voci danno armonia

nei cori          ricambi di fiati a servizio di qualche bacio.

L’aria è un gospel              una scuola                il ragazzo che assalta

le uscite e alle spalle                      volano i gesti,

i ricordi,        i segni del tutto mi sfuggono

o fuggono a coppia,  migrando e tornando

veloci               affamati        la vita ha fatto bufera

da fare passione     distanza  e  gabbia

da affilare il  miele e le insalate pronte         ogni giorno

la luce perde il battito    il polso          la scrittura e il verso

la notte ha nei  minuscoli           e ti sazia e ti sputa.

A velocità lenta riprendere a leggere,

chiedere perdono al tempo, allo spazio, alla notte

le macerie negli occhi lasciano solchi

ma ti ho riconosciuto per le mie stesse macerie.

Abbiamo avuto paura e tanta paura ancora

di vestirci a lutto, di separarci femmine con le femmine

la solita gente, le madri e i figli, padri e padri, com’è stato naturale

di alzare i tacchi e il destino dalle proprie mani

mettere in clausura i desideri ed aspettare che passassero

le ore  le storie la pandemia

dove la generazione del secondo millennio era in mutazione

dove i cadaveri dei cari non si seppellivano

dove la terra non aveva confini di razza umana

e tutti lo spiegavano e davano spiegazioni

e più ascoltavi, e più aspettavi

più ti involvevi, figurina piccola, palafittica

poggiata serrata sulla sedia

ad aspettare d’ingannare la morte.

Ha sentito il crack e i residui sono entrati nella gola, fino a liquidare il respiro, legno nelle mani, mani baracche, vetro resina e assi da inchiodare tutt’intorno il punto, la linea, la muratura del vivere in sogno, il segno a chiodo di chi s’è perso nel sonno.

(La pace è la notte dal di fuori– Inediti da Borea)

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