Claudia Pozzana

Claudia Pozzana. Poetessa, traduttrice e studiosa; è Professoressa Almae Matris dell’Università di Bologna, dove ha insegnato Lingua e letteratura cinese. Ha compiuto lunghi periodi di studio, di ricerca e insegnamento in Cina e negli Stati Uniti. Ha fatto ricerche sulle origini del pensiero politico cinese moderno e sulla poesia cinese contemporanea.  Ha pubblicato La poesia pensante. Inchieste sulla poesia cinese contemporanea (Quodlibet) e ha curato le edizioni italiane di Li Dazhao, Primavera e altri scritti (Pratiche), Bei Dao, Speranza Fredda (Einaudi) e Yang Lian, Dove si ferma il mare (Scheiwiller).  Assieme ad Alessandro Russo ha curato le antologie Nuovi poeti cinesi (Einaudi), Un’altra Cina (In forma di parole) e Meng Lang, Sull’educazione. Diario poetico di Tian’anmen (Damocle). È autrice di quattro raccolte di poesie, l’ultima delle quali, Elisioni, presso l’editore Damocle.

Letture

Poesie

Annotazione *

Non è un vaniloquio

per me il giorno della sosta

cresco con nuovi voi,

voci, lutti passati,

parole echeggianti

nel parlare anche da soli,

schegge alla ricerca

di un difensore innocente

(Bo-11-11-2019)*Annotazione a matita a margine della poesia di Alda Merini «Il pericolo», dalla raccolta La presenza di Orfeo.

COVID di Maggio 2020

 

Non una parola

su quel brusìo che senti e vedi

intorno, invano

una scena mutata: silenzio.

Non foglie cadute, né rami nudi

ma una splendente fioritura

petali e farfalle multicolori

si posano leggeri

suggendo linfe tinteggianti

come  terre sabbiose

per tingere a pennellate

di ali impalpabili come seta.

Incranti dei divieti umani

libere non contano gli anni

volano all’infinito

senza pensiero della morte

Quarantena  2020    (2020-04-25)

1.

Vorrei dormire un po’

giusto tanto da scattare in piedi

per  andare alla posta

o comprare cosa manca,

se mai si potesse comprare.

Fuori si sta rianimando,

come se la “clausura” in casa

avesse saturato la buona volontà

del bravo cittadino, poco incline

a farsi contagiare.

 

2.

Ma altri  contagi invisibili,

potenti,  scorticano menti e pensiero,

e persino facilmente la memoria,

non quella dolcissima del canto degli uccelli tra i fiori

né quella indimenticabile dell’orchestra di cicale tropicali,

e neppure quella delle ricorrenze della liberazione,

tutti stanchi di parole come Virus,  Covid-19, vaccini

non ci appartengono, ma invadono,

martellano, colpevolizzandoci.

3

Ci costringono ad usarle,

è con queste parole che si fa strada il comando della paura,

essenziale sottrarsi all’imperativo delle ragnatele della morte,

necesse nuovo organizzarsi, pur disorientati

persino dalle stagioni, ma non dai canti di chi usa

la radio per far cantare la libertà,

Bella Ciao,… Soffia il vento…

Canzoni dei partigiani in montagna,

per ricordarci che c’è chi ha sfidato la morte.

 

4.

Qui ho lasciato una pagina bianca come il senso

del che fare? Qualcosa,

di assenza, estraniazione, mancanza, 

a marcare forse il vuoto, di quelle parole non pronunciate,

in questo nuovo tempo assentato

ancora da scrivere


5.

Metafora del contagio, si può dire

dei modi di coprire di menzogne la verità,

che in questo caso globalmente inedito,

si trascura  a danno delle singolarità,

con false regole generali di buon senso,

il rispetto delle differenze,

in vero per rimarcarle, quali?

Di genere, culturali, alimentari, religiose,?

Ma  direi il rispetto delle singolarità,

non empatia, ma  parità con l’altro,

sempre diverso da me, quanto me, sempre.

Inconoscibile del tutto, incomprensibile forse,

ma allora perché uguale?

6.

Uguale perché non cessa di divenire,

da quando a passettini saltella, a quando corre

dietro a una palla, balbetta, rielabora parole,

pronuncia, chiede, fino a quando non si ha la risposta,

né ai ragazzi, né agli adulti, né ai tanti noi,

pieni di punti di domanda, talvolta esclamativi.

Per non smettere di crescere, e di interrogarci,

mentre mutiamo in altri, sconosciuti a noi stessi.

 

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