Alessandra Pellizzari

Biografia 

FB_IMG_1590430556663Alessandra Pellizzari nata a Verona, vive a Venezia. Storica dell’arte e insegnante, ha pubblicato le seguenti raccolte: Lettere a cera persa, Lietocolle 2006, con prefazione di Andrea Zanzotto; Intermittenze, libro d’artista con una partitura di Saverio Tasca; 12 testi per l’antologia 12 poetesse italiane, Nem 2007, con testo critico di Francesco Carbognin; Mutamenti, Campanotto 2012; Faglie, Puntoacapo 2017, con prefazione di Elio Grasso, Nodi Parlati, Nem 2019. È presente con alcuni testi nell’antologia La mano scrive il suono, curata da Eliza Macadan, ed. Eikon, Bucarest 2014, in alcune riviste e blog letterari.
Finalista al premio Bologna in lettere 2019.

Letture

Poesie

I.

Dai merletti delle barene
i cormorani si apprestano a partire,
mentre i gabbiani incorniciano l’alba.
Il rumore dei passi tra le calli, il crepitio
di foglie increspate
sulle scie dei cieli stralunati,
s’insabbiano tra i ricordi nel fango.
Le mani, i riflessi, i corpi terrosi,
tra gli sterposi nulla e i fogli d’alga,
i motivi di musiche, gli incontri di sale
le bocche avide di suoni.

*

I.

Cormorants about to leave
the lace of sandbanks,
while seagulls frame the dawn.
Footsteps echoing the streets, ruffled
leaves crackling
on the trails of thunderstruck skies,
buried among memories in the mud.
Hands, reflections, earth-covered bodies,
among bare scrub and sheets of seaweed,
music motifs, meetings of salt mouths
greedy for sounds.

II.

Quando sulle coperture dei preludi
si zittiscono i violini girovaghi,
gli antri annebbiati degli archivolti,
intonano voci.
Dove finirà la contaminata bellezza?
Forse su una voce più grave,
sul gesto incompreso
di una cella campanaria,
sull’ondulata frazione di tempo?
Laggiù,
dove gli uccelli migratori lasciano
le dimore incerte dell’arco soffocato,
tra le sbavature cifrate di una nave.
Forse sul vento sabbioso,
sulle fosche verità delle seti?
Quando le taglienti verità
della pietra d’Istria,
cederanno all’evidenza dell’algosa
ruggine,
sulle lische dei mattoni,
il rosso granata,
scorticato dalle polveri,
andrà a svanire nella chiusa gotica,
annodando i silenzi.

*

II.

Voices sing on the roofs of preludes,
through foggy caves of archivolts,
whenever wandering violins
are silenced.
Where will the contaminated beauty end?
Perhaps, on a more serious note,
with the misunderstood gesture of a belfry,
on the undulating fraction of time?
Over there,
where migratory birds leave
the dicey dwellings of a suffocated arch,
among the encrypted smudges of a ship.
Perhaps on the sandy wind,
on the dark truths of silt?
When the sharp truths
of Istrian stone

give way to the evidence of rust seaweed,
on brick-bones,
garnet red,
skinned by powders,
vanish into the Gothic enclosure,
silences snarled.

III.

Volta a volta, lastra a lastra,
membrana a membrana,
corpo a corpo tra i segreti
di un’arcata cieca.
Passo dopo passo,
sulla terrazza trionfante di statue,
dove si slega la quadriga,
tra i dardi abbaglianti, travolti dai decori.
Volta a volta, lastra a lastra,
macinano gli accordi drappeggiati,
sull’arpeggio delle incise annotazioni,
sulle dita acceleranti.
Corpo a corpo, sui vetri appannati,
chiazzati di triangoli,
angoli dorati, archi trionfali, palmi alati.
Sul terzo movimento, lastra a lastra,
sulle smagliature di una cancellatura,
membrana a membrana.
Volta a volta, lastra a lastra,
corpo a corpo, sul manto plumbeo,
sulla cavalcata di un’ogiva.

*

III.

Vault to vault, slab by slab,
membrane to membrane,
hand to hand through the secrets
of a blind arch.
Step by step,
on the triumphant terrace of statues,
where the quadriga is untied,
through dazzling darts, deluged by
decor.
Vault to vault, slab by slab,
draped chords grind,
on the arpeggio of engraved
annotations, on quickening fingers.
Hand to hand, on blurred panes,
mottled with triangles,
gilt edges, triumphal arches, winged
palms.
Slab by slab, on the third movement,
membrane to membrane,

on the stretch marks of an erasure.
Vault to vault, slab by slab,
hand to hand, on the leaden blanket,
on the cavalcade of an ogive.

IV.

Così lungo gli stupori di musiche e di silenzi,
la voce rauca della garzetta spargerà il seme.
Lì nel fondale del lazareto,
dove il vecchio cormorano si piega
ai ritorni, mentre rinvigorisce l’onda urlante.
Sulla riva che figùra in celidonio e assenzio di laguna,
s’infiorano il gelso e i tralci d’uva,
sul luccichio delle pietre,
sulle vene comunicanti
di un barchino abbandonato.
Le forze si manifestano sulle lacrime di limonio,
sull’àncora arrugginita che vortica,
tra il verde oscuro di verde.
Lungo i ghebi sinuosi andrà a morire
la primavera estranea alle sue piaghe.
Tutto da ogni parte sarà uguale,
diverso a se stesso, muto frutto poroso,
parola -chimica e cancrena.
Così, lungo gli stupori di musiche e di silenzi.

*

IV.

Such long amazements of music and silences,
the hoarse voice of the gazette will sow its seed.
There, with the lazarretto as a backdrop,
where the old cormorant bends at the loops,
while revitalizing the screaming wave.
On the bank where lagoon celandine and absinthe
appear, grape shoots and mulberry embellish,
on the glitter of stones,
on the communicating veins
of an abandoned barchino.
Forces take form on sea-lavender tears,
on the rusty anchor that swirls,
through the murky green of green.
The strange spring with its scourges
will go to die among sinuous ghebis.
Everything from everywhere will be equal,
different to itself, mute porous fruit,
word-chemistry and gangrene.
Such long amazements of music and silences.

V.

Sarà capace di accompagnarmi la trasparenza incerta
sulle frasi incavate di grigio?
Attraverso le fessure del bugnato?
Sulle frasi incatenate alla centralità di grafismi,
alle strettoie del tempo,
ai ponti, ai pudori dei canali, alle falde cesellate,
agli sventrati rii,
sugli intrecci dei pieni e dei vuoti delle reti?
Lì, dove sopravvivono i solchi miniati,
le carte speziate, lì
dove il verdealga riposa sulla cima leggera,
lì, dove il nero s’acquieta.

*

V.

Will uncertain transparency on hollow gray sentences
be able to accompany me?
Through the cracks of ashlar?
On phrases shackled to the centrality of graphism,
to bottlenecks of time,
to the bridges, the modesty of the canals, the chiselled
slopes,
and gutted rii,
the intertwining of the full and empty spaces of
networks? There, where illuminated wakes
and spiced papers survive, there,
where algae-green rests on the slight summit,
there, where the black quietens.

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